Ricordo di Arturo Carola

RENATO DE FUSCO
La morte di una persona cara, di solito e a parte le piccole formalità di rito, non si ricorda per iscritto, ma quella di Arturo Carola, avvenuta alla fine dell’anno scorso, mi dà questa possibilità perché, oltre ad essermi amico, egli era anche l’editore di questa rivista.

Non rammento il nostro primo incontro tanto eravamo giovani, ma fu certamente agli inizi degli anni ‘60 che si consolidò una attiva frequentazione, quando, in sodalizio con il compianto Renato Bacarelli, egli diede vita alla galleria «Il centro».
Come architetto ne arredai la prima sede in via San Pasquale e più tardi la seconda in via dei Mille. L’apertura di questa sala di esposizione fu per Napoli uno straordinario evento; non che mancassero in precedenza gallerie private, quelle che ospitavano opere di artisti tradizionali e quelle frequentate dai gruppi d’avanguardia, ma «Il centro» aveva qualcosa in più.
Anzitutto il programma di far conoscere nella nostra città il meglio della produzione internazionale, dall’astrattismo-concretismo all’informale, dall’arte programmata alla pop-art; né la galleria si limitò ad esporre quadri e sculture; furono anche invitati i maggiori storici e critici d’arte, che animarono conferenze, dibattiti e incontri. In tal senso si realizzò effettivamente un «centro» dell’arte contemporanea.
Il terzo fattore caratterizzante la galleria fu proprio la presenza di Arturo Carola che, figlio della più alta borghesia industriale napoletana, richiamò l’intera classe sociale cui apparteneva, in precedenza legata all’arte tradizionale e da lui iniziata all’interesse per quella moderna.
La componente più positiva della borghesia, fatta di spirito d’iniziativa imprenditoriale, di promozione sociale e culturale, ebbe a Napoli in Arturo Carola la sua maggiore espressione, almeno per quanto riguarda la nostra generazione. E ciò sia per gli atti che lo videro protagonista, sia principalmente per gli accenti signorili e discreti che li caratterizzarono.
Riferendomi solo a quelli dell’arte e della cultura di cui posso dare testimonianza, Arturo Carola favorì il rinnovamento del gusto in questi settori evitando traumi e conflitti. Amatore d’arte d’ogni tempo e paese,
affiancato dalla moglie Angela Perrotti, studiosa di ceramica e porcellane antiche, non ebbe quella partigianeria che molto spesso anima collezionisti ed artisti schierati per l’antico o per il nuovo, tanto più accesa quanto più ristretto è il loro circolo.
Tuttavia, se il buon gusto e la raffinata educazione lo affrancarono dalla faziosità, non gli impedirono, di fronte a responsabili impegni, il rigore di una scelta: la galleria «Il centro» si occupava esclusivamente d’arte contemporanea.
Nel ‘64, nell’ambito della galleria, nacque «Op. cit.» ed il primo segno dell’ampiezza di vedute del suo editore si manifestò nel fatto che il periodico non dovesse essere in funzione delle mostre ivi effettuate e delle collezioni ivi custodite, bensì secondo la massima libertà di scelte settoriali e tematiche del sottoscritto; in breve, al posto di un bollettino pubblicitario, Arturo Carola consentì di avviare una iniziativa pubblicistica che da oltre trent’anni è rimasta fedele alla sua formula originaria.
Quando egli abbandonò l’impresa della galleria si dedicò esclusivamente a questo periodico con sostegno economico da mecenate e discreti quanto esperti consigli, senza mai interferire nel lavoro direttivo e redazionale della rivista. Questo rapporto fra editore e direttore, tanto decantato in ogni giornale e periodico, nel nostro caso si stabilì nel modo più autentico.
Tutti ricordano Arturo Carola quale ingegnere, imprenditore, presidente dell’Unione Industriali, come di varie istituzioni e imprese sociali ed economiche, ma sono certo che non ultima, tra le sue attività benemerite, sia stata quella di aver legato il suo nome a questa rivista.
Come ho ricordato in altre occasioni, oltre al servizio critico e informativo, relativo ai campi dell’architettura, delle arti figurative e del design, offerto ai lettori, «Op. cit.» è presente in tutti gli istituti italiani e in molti stranieri interessati a queste discipline, è seguita da centinaia di studiosi e studenti, ha contribuito alla formazione di diecine di giovani ricercatori, ha fornito titoli per numerosi concorsi universitari.
Tutti quelli che vi hanno collaborato ricorderanno sempre la parte avuta da Arturo Carola nella loro storia personale. Ciò vale anzitutto per il sottoscritto che non rimpiange solo la perdita dell’editore, sostituibile da un altro, grazie anche al prestigio dato dal primo alla pubblicazione, ma soprattutto l’insostituibile perdita dell’amico.
tratto dal numero 95